Clessidra Capital Credit insieme a Magnetar chiudono l’acquisizione di Acque Minerali d’Italia. Riparte la trattativa
SAN GEMINI – 20 febbraio 2022 – Vertenza Sangemini. Il momento cruciale è arrivato. Con il colpo da novanta, pardon da cinquanta milioni di euro, di Clessidra capitai credit che insieme a Magnetar chiude l’acquisizione di Acque minerali d’Italia, si apre la fase delle trattative più delicata. Da una parte c’è la nuova proprietà (solo il 20 per cento resta alla famiglia Pessina). Dall’altra c’è il futuro dei marchi, dei siti, delle lavoratrici e dei lavoratori, 85 in forza negli stabilimenti di San Gemini e Acquasparta. Per i quali il periodo di cassa integrazione termina il 24 febbraio. «E per i quali vanno mantenuti i livelli occupazionali» – mette subito le mani avanti Fabio Benedetti, segretario regionale Uil.
L’operazione, l’aumento di capitale cioè, è avvenuta all’interno di un concordato in continuità omologato dal tribunale di Milano poco più di un mese fa, a fronte della ristrutturazione di 120 milioni di debiti. Dopo anni difficili. Di tensioni e di ricorsi agli ammortizzatori sociali. Di proteste e di sit in. Di sacrifici da parte dei lavoratori. «Adesso che gli investitori hanno fatto la loro parte, possiamo giocare la nostra partita» – dichiara Simone Dezi, segretario generale Fai Cisl Umbria. Che aggiunge: «Nessuno dovrà abbassare la guardia e tutti dovranno collaborare, istituzioni per prime. Regione Umbria per prima. Perché le nostre acque siano più chiare». Quell’aggettivo sembra non essere scelto a caso da Dezi: «È ora di fare chiarezza». Sono mesi che le tre sigle sindacali, Fai Cisl, Flai Cgil, Uila Uil, chiedono di conoscere il nuovo piano industriale, che include anche quello commerciale. «E’ inutile che imbottigliamo l’acqua se poi la bottiglia resta in fabbrica”. È l’esempio che fa la maggior parte dei lavoratori della Sangemini. Per evidenziare quanto sia importante far arrivare quella bottiglia nei supermercati. Venderla. E con il ricavato acquistare le materie prime.
Per tre anni Rsu e sindacati non hanno fatto altro che sollecitare strategie di vendita innovative. Poi è arrivata la notizia del concordato in bianco che ha fatto tremare centinaia di lavoratori, 27 fonti, 8 stabilimenti, due dei quali in Umbria. Si parlava di 76 esuberi. Di fuoriuscite volontarie. Di incentivi all’esodo. Da qualche giorno le Rsu non parlano proprio. Perché non ci sono: le votazioni per il rinnovo delle cariche avverranno il 24 febbraio. Ma già dal 25 verranno fissati gli incontri al vertice coi segretari di Fai, Flai e Uila. «Per progettare il futuro dei siti umbri» – spiega Paolo Sciaboletta, segretario Flai Cgil. Sembra che il momento della programmazione sia davvero arrivato. «Entro la prima metà di marzo apriremo un tavolo annuncia Benedetti – per ragionare su tutto: piano industriale, rete vendite, investimenti, prospettive a lungo termine. Con la pregiudiziale della tenuta occupazionale».
(Fonte: Messaggero Umbria)